I 4 Mosch…ehm, Maratoneti

Si è svolta Domenica 4 Luglio la famosa Maratona delle Dolomiti, forse la più bella fra le Gran Fondo Italiane; non quella con maggiori partecipanti, dato che la Nove Colli porta sulle strade molti più ciclisti (grazie alla logistica che favorisce tale numerazione), ma di sicuro quella con più aspiranti, richieste e panorami meravigliosi.

Fino all’ultimo sono rimasti in forse a causa dell’emeregenza Covid, poi a ranghi leggermente ridotti sono riusciti, grazie alla proverbiale organizzazione, a tenere in piedi alla grande il tutto.

I passi affrontati sono in gran parte quelli che hanno fatto la soria del ciclismo e sono ben conosciuti agli appassionati, a parte il meno conosciuto Campolongo che comunque si affronta per ben due volte, vengono poi scalati Pordoi, Sella, Gardena, Giau, Falzarego e Valparola, tanti “over 2.000” ben stampati nei sogni dei ciclisti.

Ma non vogliamo parlare della manifestazione in senso ampio, già in tanti altri siti questo viene affrontato, vogliamo parlare dei nostri 4 atleti che vi hanno preso parte.
In una similitudine storica con l’antica Francia, ci piace considerarli i nostri Moschettieri. Sì, anche il numero ci aiuta ed i loro stessi caratteri ben si sposano con quelli dei protagonisti del libro di Alexandre Dumas.

Precisiamo che i loro tempi di percorrenza poco ci importano, già il solo partecipare ad una manifestazione del genere portandola a compimento, rappresenta il traguardo cui aspirino tanti di noi nella propria “carriera” di amatore, è sempre bello…

…. mettere la tacca (virtuale mi raccomando!) sul telaio della nostra bici fregiandoci di tale obiettivo.

Qui di seguito riporteremo i nominativi degli audaci eroi e dei loro commenti raccolti a caldo al microfono dell’intervistatore Geo Davidson:

Il nostro Athos (Il più ammirato fra i tre da d’Artagnan. Di animo nobile e distinto, riesce con il suo approccio freddo a nascondere le sue emozioni): Nel nostro caso è Simone “Cincio” Nicolini, ciclista discreto, biker silenzioso dal grande carattere che poco si fa sentire durante l’anno, ma quando si tratta di cogliere dei risultati piazza la zampata del leone e porta a casa la medaglia di finischer, vediamo cosa ne pensa della sua avventura:

Simone/Athos

Premetto che sono un neofita, uso la bdc solo in estate quando fa troppo caldo per pedalare la mtb in riviera! Purtroppo in Trentino abbiamo trovato un clima a me poco congeniale, senza nessuna ambizione di classifica abbiamo affrontato i 4 passi con calma… Forse un pò troppa! Il mio sogno comunque era quello di portare a casa il lungo,così che con più incoscienza che preparazione abbiamo imboccato il bivio verso il Giau! Già dalle prime curve capisco che ci stiamo cacciando nei guai ma la cosa mi piace (con Daniele giungiamo alla conclusione che devo parlarne a un psicologo) Affrontiamo finalmente il “mostro” Intanto il tempo peggiora,
Daccordo di fare il proprio passo viviamo separati un esperienza mistica, non ho visto la Madonna ma c’è mancato poco!
Arrivato in cima trovo freddo vento e qualche goccia di pioggia, avviso Daniele che scendo per evitare di congelare e anche la discesa è un bel frigorifero.
Finalmente il falzarego lo ricordavo lungo ma dalle pendenze dolci, penso finalmente mi scaldo, un caxxo neanche il tempo di pensare forse ce la faccio che ecco che arrivano i crampi! Per un momento penso che per me l’avventura si concludeva lì, ma non desisto stiro le gambe e vado avanti piano (ancora più piano😂) arrivo al Valparola soffrendo e mi butto in discesa è quasi fatta penso! E no ora si mette a piovere forte, la discesa è lunga gelida e forse troppo spericolata
Arrivo a La Villa e quasi mi commuovo dai che è fatta! Affronto il muro del gatto ovviamente a piedi e supero una tedescona procace anche lei a piedi, svalico e vado verso Corvara passo sotto l’arco dei 2 km e di nuovo i crampi maledetti li stiro e riparto, nel frattempo la tedescona mi risupera per non creare un incidente internazionale mi accodo a lei che tra l’altro sembra avere parecchi fans che la acclamano e di riflesso acclamano anche me 😂
Dopo 9 ore che pedalo supero il traguardo sono stravolto prendo medaglia e cappellino e quasi mi perdo nei giardini per tornare in albergo!
Finalmente la doccia calda! Tra i sentimenti contrastanti penso questa volta l’ho fatta fuori dal vaso!
Ma la stanchezza e il dolore piano piano passano e rimane un emozione forte e quella praticamente è per sempre ✌🏼

Il nostro Aramis (Uomo distinto e delicato, all’apparenza è un uomo di chiesa mancato, il quale solo provvisoriamente indossa le vesti di Moschettiere. Questo gli dà modo, fra un richiamo alla fede e l’altro, di essere un nobiluomo.) è senza dubbio Luciano Castelnuovo, ciclista non certo di primo pelo ma salito agli onori delle cronache per l’enorme progressione avuta negli ultimi 2-3 anni, si narra grazie agli allenamenti in quota con ciclisti locali di ampia esperienza e nonostante un infortunio.
Ecco cosa ci ha riferito:

Luciano/Aramis

Partecipare a questa gran fondo , forse la più bella e famosa, per me è stata un’ impresa epica che rimarrà un ricordo indelebile nella mia memoria.
Ho acquistato la mia prima bici da strada solo qualche anno fa e la passione per il ciclismo è maturata anche per merito dei miei amici ciclisti, pian piano mi sono assuefatto alla fatica ma anche alla soddisfazione di concludere dei lunghi giri.
Così è stato per la mia partecipazione alla 34a edizione della Maratona Dles Dolomiti, la grandfondo più bella e più faticosa della mia “breve” esperienza ciclistica.
Sono arrivato in griglia (la 3a) alle 6 del mattino ed ho freddo. Sopra la maglia della maratona mi sono messo la mantellina ed intorno a me vedo tutti con i manicotti (io non li ho portati), molti con il gilet della maratona (per me troppo ingombrante) e alcuni che si sono addirittura infilati una tuta da imbianchino usa e getta. Il cielo è un po nuvoloso, ma senza pioggia a dispetto delle disastrose previsioni della vigilia .Intorno a me altri ciclisti tutti (o quasi) con la mascherina che è stata tolta solo qualche istante prima della partenza. La prima griglia è partita alle 6:30. noi partiamo dopo 15 minuti, nel frattempo mi tolgo la mantellina e sento freddo ma sono sicuro che non appena inizierò a pedalare starò bene. Ed ecco il nostro segnale di partenza: una gran ressa non si può pedalare e per 2 o 300 metri si spinge la bici con un piede a terra tutti ammassati, poi a poco a poco si apre un po di spazio per cominciare a pedalare ci sono spettatori che applaudano e gridano “bravi” “forza” è un misto di emozione e mi chiedo ancora se ce la farò a fare i 138 Km con 4.230 metri di dislivello.
L’ascesa al Campolongo la passo cercando di trovare un ritmo con un rapporto agile seguendo i consigli dei miei amici per gestire le forze fino al termine della gara e dopo la prima discesa “controllata” proseguo per la salita del Pordoi trovo il mio ritmo con la mia solita pedalata. Intorno non si sente una parola ma solo respiri affannati, compreso il mio, quasi un silenzio religioso interrotto ogni tanto dal rumore dell’elicottero per le riprese Rai e delle moto dell’assistenza gara. Non finisce la discesa che si svolta per la salita al passo del Sella e dopo un breve ristoro riparto con la mia solita andatura: per il momento mi sento bene e le gambe girano senza troppa fatica. Fatto anche questo passo ora tocca il Gardena e ogni tanto mi guardo intorno per godere di un fantastico panorama.
Dopo la lunga discesa e lo stop a Corvara per chi ha deciso di fare il corto proseguo per il secondo Campolongo. Arrivati ad Arabba si gira a sinistra ed inizia un percorso relativamente facile con una strada di circa 26 km in leggera discesa . Mentre percorro questa strada penso a quello che dovrò affrontare: il mitico passo del Giau una salita di circa 10 km con una pendenza media del 9,3%. Ed eccolo, ingoio un gel integratore e comincio la mia 5a salita, la più dura. Sudando, faticando e spingendo sui pedali riesco a raggiungere la cima. Mi fermo per un meritato ristoro e poi giù per un lunga discesa sino a Pocol.
Ora mi spetta l’ultima salita del Falzarego e Valparola, comincia a piovigginare e sento qualche dolore al muscolo della coscia sinistra. Tengo duro e arrivato finalmente in cima svuoto metà acqua della mia borraccia mi infilo la mia mantellina e mi butto in discesa con prudenza perché la strada è bagnata. Arrivo a la Villa ai bordi della strada ci sono le transenne e qualche spettatore che incita i ciclisti, intanto sento sempre di più i crampi a tutte due le gambe, sembra quasi fatta ma c’è una deviazione su una strada in salita. Dopo qualche decina di metri mi rendo conto che sto affrontando il “Mur del Giat” una cavolo di breve salita al 19%. Alcuni ciclisti davanti a me si fermano e proseguono a piedi spingendo la bici, altri resistono ed io con loro proseguo con le ultime forze a disposizione arrivo in cima tra diversi spettatori urlanti e fotografi. Ora però devo percorrere ancora 5 km circa per concludere la gara a Corvara, i crampi alle gambe sono sempre più dolorosi devo pedalare solo fuori sella. Ha ripreso a piovere leggermente ma ecco l’agognato breve rettilineo dell’arrivo. Una graziosa fanciulla mi mette la medaglia al collo e si scatena un temporale: è stata una doccia rinfrescante poi è arrivata quella calda in hotel.
Voglio ringraziare tutti gli amici che mi hanno spronato e dato tutti i consigli per affrontare questa gara: un sogno realizzato!

Il nostro Porthos (Il più “sanguigno” dei tre, un po’ fanfarone. Gioca spesso ai dadi scommettendo tutto quello che gli capita tra le mani.) è senz’altro Daniele Sturla. Lui scommette ogni volta che partecipa alla Maratona, ben sapendo di vincere grazie alla sua tempra, forza, coraggio e, senza ombra di dubbio, incoscienza (probabilmente subisce un reset cerebrale dopo ogni arrivo).
Ecco le sue parole:

Daniele/Porthos

Non so come chiamarla .. ma si può riassumere sempre con “emozione”.
La maratona per me è gruppo compagnia amicizia condivisione .. quest’anno restiamo orfani di tutti gli amici che dovevano essere con noi .. il premio è stato essere gruppo noi due (Simone n.d.r.) .. esserci spinti a fare “l’impresa .. “
Quest’anno pochi tifosi , nessun’orchestra .. Un po’ meno Maratona dles Dolomites.. Ma amicizia forza e un po’ di follia ci hanno spinti..
Ho visto la gioia di Cincio nel essersi ficcato in un “casino”.. e uso la sua frase : “Devo andare da uno bravo per capire perché sono così felice nel buttarmi nelle cose fuori di testa “ ..Forse perché ci piace la “leggenda in bianco e nero .. e perché nu semmu feti de savun” ❤️
Quindi la mia Maratona è stata un po’ di … Cincio .. la scheggia impazzita .. di Paolo che doveva esserci .. e ci sarà .. perché “a noi non ci taglieranno mai con un grissino !” Di Diego che all’inizio del Giau mi ha ricordato che dovevo spingere su quei cazzo di pedali .. e che sul Valparola ormai era un “Pisciare”.. dei miei compagni quotidiani Gianluca e Matteo .. e poi di Germa.. sa esserci anche quando non c’è .. Sogno un’avventura insieme !
Alle prossime !

Ultimo ma non ultimo, poteva mancare D’Artagnan? (ragazzo di 18 anni, abile nella spada e molto coraggioso; è il protagonista del libro. È innamorato di Constance Bonacieux, la guardarobiera della regina) fra i nostri è stato Lorenzo Sogliani e non solo per l’età anagrafica che lo favorisce rispetto agli altri, ma anche per la bella compagna che lo aspettava al traguardo con gli occhi rilucenti, un vero playboy delle dolomiti, cosa ha dichiarato?

Lorenzo/D’Artagnan

L’attesa per la maratona è stata più lunga del previsto, per gli ormai noti motivi, posso però dire che ne è valsa davvero la pena. Nel mio caso in particolare è stata quasi una fortuna perché mi ha permesso di preparami meglio all’appuntamento. È stata pur sempre una “prima volta” quindi molte le cose da scoprire ed imparare.
Se potessi usare 3 parole: Emozionante, Faticosa, Appagante.
Emozionante perché la sensazione era quella di essere ad una grande competizione per via dei passi di montagna, le persone a bordo strada, le strade chiuse ed il livello molto alto.
Faticosa beh è un aggettivo che noi ciclisti usiamo forse più di tutti, con il percorso lungo puoi solo che faticare.
Appagante perché è la regina delle gran fondo ed averla completata corona tutto l’impegno che diamo a questo sport 365 giorni l’anno.
Un plauso particolare all’organizzazione impeccabile dal mio punto di vista e alle forze dell’ordine.